lunedì 14 aprile 2014

I QUATTRO MOSCHETTIERI DI FARSOPOLI


I quattro moschettieri di Farsopoli





Dalle motivazioni del secondo grado, in relazione al capo A), quello relativo al reato associativo: "rapporti evincibili dalle conversazioni intercettate e dall'esito delle deposizioni testimoniali rese di dibattimento (in particolare dei testi Cellino, Nucini, Babini, Monti)".
Dunque sono questi i quattro moschettieri che il tribunale di Napoli ha trasformato nel plotone di esecuzione contro Moggi e l'associazione fantasma che non ha falsato i campionati e non ha mosso un euro ma che, accuratamente monitorata, spiata e pedinata dal pool Inter-Telecom-Pirelli, avrebbe  per alcuni anni giocato a guardie e ladri, anche se la realtà racconta che i ruoli vanno invertiti rispetto alla costruzione di fantasia della Grande Farsa.
Manca Zeman, ma forse er Maestro era  troppo anche per loro.
Partiamo da Massimo Cellino: la sua testimonianza, che si è fatta attendere oltre il lecito (dopo tre convocazioni disattese dal teste la presidente Casoria ne aveva disposto l'accompagnamento coatto), di tutto può dar prova tranne che dell'esistenza di un'associazione. In realtà l'unica cosa che ci ha confermato è che tutto è invece stato costruito sulle sensazioni; per la cronaca le stesse  sensazioni evocate dal Dal Cin col quale fu proprio Cellino a confrontarsi telefonicamente sul mancato gradimento, da parte del Venezia, dell'arbitro Palanca, arbitro della sezione di Roma 1 ritenuto un 'protetto' di De Santis presunto appartenente ad un gruppo legato alla GEA, la cosiddetta combriccola romana; da qui nel 2004 nasce l'indagine sulla Gea per l'accusa di associazione a delinquere, avviata dai pm Palamara e Palaia e affidata al nucleo dei carabinieri di via In Selci, coordinati dal maggiore Auricchio; e sempre i carabinieri di Roma stanno già indagando su una vicenda di calcioscommesse nata nel 2001 dalle dichiarazioni di un pentito di camorra e guidata da Narducci e Beatrice; già, ma Moggi cosa c'entra? Spiega Auricchio nella sua deposizione a Napoli del 9 febbraio 2010:

"Svolgemmo anche accertamenti sui due arbitri che erano ritenuti far parte della delega iniziale... di questa combriccola, ripeto capeggiata sostanzialmente da De Santis Massimo, e cioè Gabriele e Palanca. Sulla base di queste valutazioni, sulla base del fatto che, diciamo,una delle squadre maggiormente favorite, secondo queste dichiarazioni iniziali, era il Messina, sulla base del fatto che il Messina aveva un numero rilevante di calciatori gestiti dalla GEA e che era ritenuta una società, sostanzialmente, molto vicina alla Juventus, allora, diciamo, con la figura di Moggi Luciano come Direttore della stessa società juventina, e sulla scorta del fatto che il figlio di Moggi Luciano, Alessandro, era comunque uno dei, diciamo, degli esponenti di rilievo di questa società GEA, svolgemmo una serie di valutazioni chiedendo all’Autorità Giudiziaria di Napoli di proseguire in queste investigazioni. Sulla scorta di queste valutazioni, diciamo, partiamo sulla… con una serie di intercettazioni telefoniche a carico di questi soggetti".

Oggi sappiamo, da sentenza, che la GEA non era un'associazione a delinquere e che la "combriccola romana"non esiste.
E, caso strano, proprio al maggiore Auricchio, trait d'union delle due vicende, il 15 giugno 2005 sarebbe arrivato il cotillon del pc di Tavaroli che sino al 2004 aveva attenzionato (volgarmente: spiato) personaggi del mondo del calcio, da De Santis a Moggi.
Digressione, la mia, necessaria, per far capire la cornice in cui tutto ciò nasce, praticamente dal nulla. E nel nulla la sprofondano le testimonianze, a partire da quella di Cellino (lo stesso dicasi per Dal Cin); eccone qualche stralcio:

"Perché per tanti anni nel calcio uno va alle partite, sente tante cose e si creano anche delle situazioni molte volte anche difficili anche da provare però sono più sensazioni, più segnali che ti fanno diventare sospettoso su certe cose".


"Io ripeto, ve lo dico con franchezza, si parlava molte volte per sentito dire, non è che ci fosse un contratto o qualcosa del genere. La Gea, io ve lo dico che conosco personalmente e da molti anni Luciano Moggi, lo dico sinceramente: personalmente non ho mai avuto nessun problema. Mai avuto nessun problema". 

Procedo alla lettura del verbale: «In merito a tale gara, vorrei anche precisare che, nel corso dell'incontro che ho assistito vicino ad Andrea Della Valle ed a Davide Lippi, mi rivolsi, vista la direzione di gara unilaterale a favore dei viola, ai due predetti dicendo: “complimenti alla Gea world”», lo ricorda questo?
Cellino - Vero, anche se non ne fui particolarmente orgoglioso di quello che feci.
Capuano – Successivamente, il giorno dopo, Lei ricevette la telefonata del dottor Moggi?
Cellino - Non lo ricordo, non glielo so confermare, ma non penso. Lo dico sinceramente: non penso. Il dottor Moggi Luciano?
Capuano - Sì
Cellino - Non penso
Capuano - Anche in questo caso leggo dal verbale: «Il giorno successivo fui chiamato dal Moggi che tentò di rimproverarmi per aver detto tale frase che lui considerava inopportuna ma io troncai ben presto la conversazione»
Cellino - No, non penso mi chiamò per quello. Luciano queste cose non le faceva, devo dire la verità, forse mi capitò di parlarci in Lega
Capuano - Il giorno dopo
Cellino - Se ho detto una cosa del genere, magari può essere capitato. Ina cosa è la mia dichiarazione in tribuna, di cui non sono orgoglioso e potevo evitarla. Perciò penso di aver sbagliato io in quel contesto 

"È la storia della vita del calcio le piccole società che vogliono combattere le grandi per poter diventare a loro volta grandi. Qualcuno lo fa col fine di aver giustizia e qualcuno al fine di prevalere al posto degli altri. Molte volte alcuni si lamentano degli arbitri non perché arbitrano male ma perché vorrebbero che arbitrassero a loro favore"

La deposizione è poi infarcita di formule che dire dubitative è già dar loro più dignità di quella che hanno: "si dice", "si vociferava",  "si riportano luoghi comuni", "per sentito dire",  "voci insistenti",  "non ho nessuna prova", ""magari ho parlato a sproposito", "se certe cose non le sapevo le ho lette dopo sui giornali".
Serve altro per dire che l'esuberante e indisciplinato (le definizioni sono della dott. Casoria) presidente del Cagliari non abbia riferito altro che chiacchiere e luoghi comuni? Fuffa allo stato puro.

E poi c'è Danilo Nucini: un personaggio così improponibile che sarebbe stato difficile per un romanziere inventarselo; se non fosse che è comparso a Napoli davanti alla Casoria e lo abbiamo sentito con le nostre orecchie, a smentirsi, a contraddirsi, a contraddire tutto e tutto, a raccontare storie fuori dal mondo. Una per tutte: la storia dell'iniziazione al 'Concord', sancita con la consegna di una scheda svizzera da parte di Moggi e Fabiani, iniziazione che sarebbe avvenuta il 25 settembre 2003 e che Nucini raccontò in dibattimento a Napoli il 15 marzo 2011; ne abbiamo anche una versione di Tavaroli (che nella trasmissione 'Sotto lo stadio'  racconta quello che Facchetti gli aveva detto gli avesse raccontato Nucini, un de relato de relato), il quale però il fatto colloca nel 2002  (ma le incongruenze sono un tratto distintivo della vicenda Nucini, anzi di tutta Farsopoli): "Questo è lo scenario che mi viene descritto. Lui viene preso, si ferma in una piazzola dell'autostrada, lì deve lasciare la macchina, spegnere tutti i telefoni e lasciarli in macchina, gli vengono fatti fare dei giri oziosi fino ad arrivare a questo albergo delle periferia di Torino dove si trova di fronte, secondo la ricostruzione dell'Inter dell'epoca, il moloch Moggi".
In  realtà l'albergo di cui parlerà Nucini è il Concord, che non si trova in periferia, bensì in centro a Torino; e chiunque ci sia stato non potrà mai credere che uno come Moggi, che le motivazioni descrivono come un individuo dalla personalità decisa ma al contempo concreta, abbia avuto tanto la testa tra le nuvole da condurre Nucini in un albergo in bella vista, nel centro di Torino, sotto mille occhi.
Così Moggi, nella sua dichiarazione spontanea: "Signor Presidente, ho ascoltato bene cosa ha detto Nucini, il Concord è l’albergo dove si riunisce la Juventus, dove ci sono cento tifosi, dove c'è un ascensore da dove non si può scappare e si va su. Lei si immagina che io faccio venire Nucini in quell’albergo quando a 50 metri da quell'albergo esiste casa mia dove si va dal garage con l'ascensore direttamente su a casa mia. Mi sembra una cosa davvero inverosimile, grazie Presidente".
E chi ha verificato i luoghi può testimoniare che è così.

Per non dire poi dell'incerto destino di quella scheda: la 338/XXXX366 era ancora imballata a settembre, ma risulta attivata a maggio, non l'ha mai usata ma ha annotato il numero e altre chicche similari
Prioreschi nel Processo di Napoli: "Ha detto prima che l’aveva usata, poi che non lo aveva fatto, che non ricordava il numero, poi dice che non l’ha buttata… mi dice dopo 7 anni come ha fatto a ricordare il numero nel 2010?".
Senza contare che, in tutto questo frattempo, mentre intratteneva rapporti con Facchetti, era ufficiale di gara nelle partite dei nerazzurri (quarto uomo in Inter-Parma del 26 settembre 2004), andava a parlare con la dott. Boccassini 'di calcio' e girava per banche alla ricerca di un lavoro in compagnia di Ernesto Paolillo.

Va bene, ma i fatti che porta, frutto di tutta questa sua frenetica attività?
Dal controesame dell'avv.  Prioreschi del 15 marzo 2011:
Prioreschi: Rispondendo al PM ha detto che nei colloqui con Facchetti a volte faceva riferimento al fatto a vostre considerazioni. Io vorrei dividere le due cose. Quando ha riferito degli arbitri che facevano parte dell'associazione erano fatti o considerazioni?
Nucini: Per quanto riguarda i fatti e le considerazioni che abbiamo fatto con Giacinto Facchetti, sono state percezioni... avevamo percezioni, nessun fatto specifico.
Prioreschi: Quando Lei a verbale (dei carabinieri) dichiara che De Santis, Farina, Bertini, Racalbuto, Pellegrini, Bolognino, Cassarà, Palanca, Gabriele, Trefoloni, Paparesta e qualche altro che non ricordo facevano parte della cupola, erano sue impressioni?
Nucini: Non la definirei impressione, si aveva la percezione. Noi avevamo la percezione che alcuni arbitri rispondessero alle dinamiche, altri  in maniera diretta altri in maniera indiretta e altri fossero a conoscenza di quel che succedeva.
Prioreschi: Le contesto che Lei rispondendo ai carabinieri ha detto una cosa ancora meno importante della percezione, perché già la percezione è una cosa, invece Lei rispondendo ai carabinieri ha detto: 'Effettivamente ho detto a Facchetti che era probabile che alcuni arbitri facevano parte del sistema Moggi e ciò ho potuto constatare in relazione a comportamenti personali che questi tenevano sia all'interno di Coverciano sia nel corso delle partite che gli stessi dirigevano. Preciso che questo era un nostro commento, poiché non avevamo prove certe di detta affermazione'.
Nucini. Mi sembra di aver detto che... allora, questo era il commento su una nostra percezione.
Prioreschi: Sa che cosa è un commento? Sono chiacchiere.


Un teste peraltro 'squalificato' dalla dott. Casoria nel momento in cui, davanti all'avv. Morescanti che lo metteva impietosamente di fronte alle sue contraddizioni sulla scheda fantasma, ha letteralmente perso il controllo:
Nucini: Allora, facciamo così: la scheda me l’ha data Marconi e a Torino c’era Garibaldi.
Presidente Casoria: Nucini, Lei si sta squalificando come teste, tutto ciò verrà registrato
.


Babini; chi era costui? Fabrizio Babini era un assistente della scuderia Meani, con cui  spesso e volentieri maligna al telefono sul potere della Juventus e di Moggi. Sei anni da internazionale, undici in CAN A e B, sono indice di  una carriera tutto sommato coronata da  successo. Con un 'dispiacere': dal novembre 1999 (Juventus-Milan 3-1) non arbitrò più la Juve in campionato (ma diresse la finale di Coppa Italia del 2002 tra Juve e Parm). Ne attribuiva la causa all'ostilità di Pairetto (anche se il colloquio tra Moggi e la Fazi al Divino Amore a Roma dovrebbe aver fugato i dubbi in proposito), che riteneva vicino alla Juve (secondo una confidenza fattagli da Meani). Però, nel corso del controesame deve anche ammettere che la sua antipatia per la Juventus nell'ambiente era nota, e probabilmente la conoscevano anche i designatori che, per questo, preferivano non designarlo per le gare dei bianconeri.
In una telefonata tra lui e Meani i due malignano su colleghi vicini alla Juventus e l'addetto agli arbitri rossonero chiede il suo aiuto per mettere in relazione alcuni arbitri ritenuti 'juventini' e ammonizioni preventive: ma spiega che dallo studio da lui effettuato questa correlazione non esisteva, anzi a volte capitava l'esatto opposto.
Poi c'è Milan-Chievo, in cui gli assistenti designati sono Puglisi, noto nell'ambiente quasi come un ultràs milanista e, appunto, Babini, che, perplesso, chiama Meani.
Babini: «Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì...»
Meani chiede perché.
Babini: «Perché sì! Ma scusami, c’è bisogno di dire perché Leo?...Cioè io ho fatto Atalanta-Chievo l’ultima volta, Puglisi è una vita che non fa il Milan che non glielo danno perché dicono che è un ultras del Milan...
E Meani gli spiega il meccanismo delle bandierine: «Basta che  mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì... nel dubbio da una parte vai su e dall’altra vai giù!»
Infine ricorda le amicizie di Meani: Collina e anche Facchetti, con cui gioca a tennis ogni settimana.
Cosa ci sia in tutto ciò a provare l'esistenza del sistema Moggi non è dato sapere.

Di Fabio Monti ho già detto in un precedente pezzo su questo blog: è un giornalista del Corriere della Sera, tifoso dell'Inter, astioso nei confronti della Juve.
Cosa sa? Nulla, ma riferisce quanto appreso dal defunto Giacinto Facchetti.
"C'era stato il campionato 1997–98 che aveva lasciato dei segni, e poi lui  aveva individuato come spartiacque il 2002, per tutto quello che era successo nella parte finale  della stagione, nelle ultime partite, non nell'ultima partita in particolare. Erano successi alcuni episodi, culminati in Chievo-Inter, arbitrata da De Santis, con un rigore non dato a Ronaldo. Però, al di là dell'episodio specifico, c'era la convinzione da parte di Facchetti che ci fosse, sostanzialmente, una convinzione a cui mancava una prova provata, però una convinzione che vi fosse un sistema che non garantiva la regolarità del campionato". "Era convinto, sostanzialmente, che la figura centrale fosse quella di De Santis, aveva maturato questa convinzione".
Non sa dire nemmeno quali fonti avessero fornito al Facchetti lo spunto per formarsi queste convinzioni.
Avv. Prioreschi: Cosa erano? Chiacchierate su ipotesi? Considerazioni, si commentavano gli episodi?
Monti: Si commentavano gli episodi, si facevano questi tipi di...
Presidente Casoria: L'avvocato dice che Lei adesso adombra che ci siano delle fonti non conosciute ma che ci siano le fonti... non c’erano fonti, sono opinioni, insomma.
Monti: Queste erano considerazioni che Lui faceva, interpretazione degli eventi...
Di fronte alla richiesta di una precisazione su un'affermazione fatta su Bertini se ne è uscito con un "Bisogna chiederlo a lui, se si potesse…”, provocando un'ironica risposta della dott. Casoria: “Le sedute spiritiche ancora non sono ammesse dall'ordinamento".
Nessunissima prova nemmeno qui di nulla che possa lontanamente assomigliare ad un'associazione a delinquere, anche se i giudici dell'appello hanno, incredibilmente, sostenuto che poiché anche Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto, afferma le stesse cose (sempre opinioni del padre, s'intende, mica fatti) queste diventano automaticamente reali. Un miracolo, uno dei tanti cui Farsopoli ci ha abituato, come quello degli articoli 1 che, sommati, fanno un articolo 6.
la cosa più interessanti che  il teste Monti ha detto è che  Facchetti gli avrebbe detto che Nucini faceva parte della cupola. Nucini, il testimone d’accusa e che Moratti sapesse tutto sulle indagini di Facchetti, sui legami con Nucini. Ma tutto ciò non è mai interessato a nessuno.
Come si dice: l'Inter non interessa.

Come dimostra l'altro pilastro che la sentenza mette a sostegno della tesi dell'associazione, "le conversazioni intercettate", che dimostrano come non vi fosse alcuna esclusività di rapporti.
Certo, bisognava considerarle tutte, non solo quelle che servivano all'assunto che si intendeva dimostrare.
Perché questa è una vicenda a ritroso.
A partire da Auricchio, che "ha fatto quello che non si fa, è partito dalle conclusioni", ha detto Luciano Moggi nella sua dichiarazione spontanea del 27 settembre 2011.
Chiudo con le parole di Maurilio Prioreschi nella sua appassionata arringa difensiva: "Auricchio scrive che il suo ufficio ha intrapreso l'investigazione sulla base di prove che facevano risalire a Moggi, ma è falso! Quale è questo quadro indiziario? Dove stanno gli indizi di reato, previsti dal codice, per ottenere l’autorizzazione alle intercettazioni? Se non scrivevano il falso nessun giudice al mondo avrebbe concesso l’autorizzazione. Auricchio dice che il processo si è indirizzato verso Moggi. Questa è stata una spietata caccia all’uomo. E non basta. La chiosa dell’informativa è che la Gea, nata dall’alleanza dei poteri forti, è la fusione tra Capitalia e il sistema calcio, che è in grado di condizionare il mondo del calcio a tutti i livelli, compresi i designatori. Ma chi li aveva mai nominati i designatori fino ad allora? Questo processo è un imbroglio! Ma il bello è che Auricchio in aula smentisce ciò che era alla base della informativa. La combriccola romana non esisteva, dice, quegli arbitri non favorivano la Juventus, anzi, il nome della combriccola romana non era nemmeno loro ma era stato coniato da altri. E quando io gli ho fatto notare che la tesi della combriccola era alla base della informativa con la quale erano iniziate le indagini dice candidamente che le indagini cominciano in un modo e poi si evolvono".

Ma su questo torneremo in una prossima puntata.



Carmen Vanetti 

Twitter: @JuveGrandeAmor

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